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Ristoratori Veneto, appello al Parlamento: “Ascoltate la nostra voce e siate responsabili”.

“Egregi Deputati e Senatori, Vi scriviamo perché crediamo ancora nel ruolo del Parlamento italiano. Un Parlamento che, come constatiamo amaramente anche oggi, è declassato dal Governo alla posizione accessoria di mero ratificatore di decreti legge che non ammettono discussioni di merito né modifiche perché calati dall’alto e impermeabili a qualsiasi tipo di emendamento inserito da Camera e Senato”.

Inizia così la lettera-appello inviata questa mattina ai parlamentari italiani dall’Associazione Ristoratori e Ho.re.ca Veneto, che raccoglie oltre 4.000 attività venete del comparto e presieduta dall’imprenditrice veronese Alessia Brescia.

Stremata da un dicembre che ha visto il fatturato veneto del comparto dimezzare e psicologicamente colpita dalla previsione di una chiusura definitiva entro fine mese del 40% dei propri associati a fronte di rincari di utenze e materie prime, mancanza di personale e debiti che non si riescono a saldare, l’Associazione ha deciso di rivolgersi al Parlamento per chiedere un intervento a favore del settore per “testimoniare problematiche e criticità che da due anni a questa parte non trovano ascolto nel mondo politico”.

“Ci rivolgiamo a Voi”, scrive l’Associazione nella lettera “sperando in un sussulto di orgoglio, dignità e responsabilità nei confronti dei cittadini che porti a mettere un argine alla pioggia di obblighi, diretti e indiretti che colpiscono e continuano a colpire le nostre aziende e la popolazione. Obblighi che il Consiglio dei ministri rovescia su attività economiche di cui ignora anche le dinamiche più basilari. Comprimendo di volta in volta, sempre di più, quel diritto al lavoro sancito dalla Costituzione.

Nella giornata di ieri, mercoledì 5 gennaio 2021, a quella pioggia di obblighi s’è aggiunto quello vaccinale per gli over 50. Un ulteriore attacco alle libertà individuali e al diritto al lavoro visto il carattere ininfluente sul piano sanitario, discriminatorio sul piano umano ed economicida sul piano lavorativo dell’obbligo di green pass. Da quasi 24 mesi i nostri locali seguono scrupolosamente le regole imposte dal Governo garantendo la massima sicurezza a lavoratori e clienti. Ma anziché ristorato, il dimezzamento del nostro lavoro — vedi capienze — è aggravato progressivamente da norme che ingolfano le nostre attività e, visto il ritardo cronico nel comunicare i nuovi decreti, rendono impossibile quella programmazione ch’è per noi una base fondamentale. 

Tale contesto accoglie adesso un altro provvedimento smisurato rispetto al vantaggio che ne trarrebbe la sanità pubblica. Già era inammissibile che il cosiddetto «super green pass» fosse necessario per le consumazioni all’aperto, dove i contagi sono da sempre statisticamente nulli. Ogni altra restrizione non fa che danneggiarci ulteriormente senza «pro» per la salute dei cittadini. Siamo peraltro l’unico Paese al mondo in cui vigono simili restrizioni nonché l’unico Paese europeo in cui da quasi tre mesi i lavoratori senza certificato verde devono fare un tampone ogni 48 ore, a loro spese, per poter mantenere l’impiego. È inaccettabile insistere in ulteriori restrizioni che coinvolgono milioni di lavoratori. Specie ora che la vaccinazione si è dimostrata inefficace nel prevenire il contagio, come provano i numerosi casi italiani ed esteri di focolai in ambienti frequentati solo da vaccinati. 

Con questa lettera vogliamo chiedervi un’azione di sensibilizzazione verso il Governo. Affinché capisca che se non c’è garanzia di salute pubblica gli obblighi non hanno fondamento. E interrompa la deriva di decreti che sta alimentando, di riflesso, una tensione sociale palpabile in tutti i cittadini”. Vi chiediamo anche di portare all’attenzione del Governo  

L’Associazione chiede infine al Parlamento di “portare all’attenzione del Governo alcune richieste che il settore avanza dopo due anni di fatturati calati come minimo del 50%, a fronte di ristori insufficienti a tamponare le perdite”. Ovvero:

1) Defiscalizzazione delle nuove assunzioni per i prossimi 24 mesi, e non soltanto per i dipendenti under 30 ma i disoccupati da almeno 6 mesi o percettori del reddito di cittadinanza

2) Riduzione contributiva in busta paga di almeno il 50% sulla forza lavoro già in organico, per almeno 24 mesi, così da poter rilanciare i consumi

3) Introduzione dei voucher almeno sino alla fine dello stato di emergenza

4) Proroga della cassa integrazione fino al 31 marzo 2022. 

“Non è  a prima volta nel corso di questi 2 anni che scriviamo alle istituzioni”, conclude Brescia spiegando le motivazioni alla base della lettera inviata al Parlamento, “vogliamo capire se c’è qualcuno tra tutti disposto ad ascoltare la voce di chi nei locali ci lavora, di chi ha problemi e deve affrontarli tutti i giorni, di chi sta perdendo tutto piano piano e sarà  strozzato dai debiti … le istituzioni dovrebbero essere vicine al popolo non dalla parte opposta“.