La pandemia ha colpito duramente molte attività economiche. Ma c’è una categoria che sta soffrendo più di altre.
E’ quella dei ristoratori. Molti di loro hanno fatto grossi investimenti, non solo per adeguare l’attività alle direttive Covid, ma anche per avviare un nuovo locale o ampliare il business esistente, nella speranza che dopo la prima ondata la situazione sarebbe migliorata.
Purtroppo il nuovo Decreto che ha costretto bar e ristoranti a chiudere fino al 6 gennaio, è stato un fulmine a ciel sereno.
Giuliana Antoniazzi, coraggiosa piccola imprenditrice che quest’estate ha inaugurato il ristorante “Al 410” a Legnago, in provincia di Verona, contava sulle feste natalizie per rientrare delle spese sostenute per il lancio.
Ma i tavoli del suo locale con 110 coperti sono rimasti vuoti il 25 dicembre. E lo resteranno per un’altra lunga settimana. Un danno ingente se si calcola che il mese di dicembre rappresenta il 30% del fatturato di un ristorante.
“Rispettiamo le normative anche se non sempre ne comprendiamo il senso”, ha commentato Antoniazzi, che poco prima dello scoppio della pandemia aveva programmato il suo piano d’impresa, che prevedeva la ristrutturazione di una barca ancorata lungo il fiume Adige (una vecchia pizzeria chiusa da tempo) per trasformarla nel ristorante Atipico, dedicato ai piatti della tradizione veneta.
“Il piano finanziario fatto nel 2019 è decaduto, ora è impossibile fare previsioni”, ha confessato Antoniazzi, “Il progetto era stato fatto senza Covid. L’anno scorso ero carica e lo sono anche adesso. Il nostro è un progetto importante e non possiamo demoralizzarci. Ma la preoccupazione c’è”.
Antoniazzi ha fatto un investimento ingente per aprire il 410. Non solo la chiatta è stata completamente rinnovata, mantenendo però il pavimento in legno originale, e arredata con mobili della tradizione contadina acquistati da un restauratore, ma per correggere una lieve pendenza, la barca è stata spostata di 5 metri verso il centro del fiume. Sono poi state ancorate due passerelle lunghe oltre 10 metri, rese agibili sia per gli anziani che per i disabili. Modifiche che hanno pesato sul budget.
Spese che il decreto Ristori non è stato in grado di alleggerire.
“I contributi a fondo perduto non risolvono i problemi dei ristoratori”, spiega Antoniazzi, “Finora sono stati liquidati i ristori a luglio (2 mila euro) e a novembre (4 mila euro) e siamo in attesa di quelli previsti dall’ultimo decreto (altri 2 mila). Importi che non coprono neanche i costi del personale e relativi oneri fiscali e previdenziali che finora abbiamo sostenuto per intero senza ricorrere alla cassa integrazione”, sottolinea Antoniazzi, “Abbiamo avuto accesso a un bando per imprese giovanili “scovato” grazie al nostro consulente d’impresa, che ha contribuito parzialmente ad acquistare attrezzature per il ristorante. Ma capisce che per noi si tratta di una goccia nel mare. Il problema è che chi ci governa non ha presente quali sono i problemi veri delle P.Iva. Bisognerebbe attuare una pace fiscale e congelare tutto. E prevedere un aiuto per i dipendenti, perché tutti hanno famiglia. Va fatta una programmazione pluriennale e previsti sgravi fiscali ad hoc”.
“I ristoranti sono sotto pressione dal 25 ottobre con continue limitazioni, posti a sedere contingentati, orari ridotti e chiusure serali, misure che purtroppo non hanno avuto alcun effetto sulla riduzione dei contagi”, continua, “La chiusura dal 25 dicembre ci ha messo ulteriormente a dura prova, pressoché azzerando gli incassi dell’unico mese dell’anno che avrebbe potuto essere redditizio. Non parliamo poi della totale mancanza di rispetto e considerazione per il comparto, ostaggio di norme prorogate sempre a ridosso della scadenza dei termini, che ci fa vivere in un clima di incertezza e nell’impossibilità di progettare la ripartenza“.
Per avviare la sua attività Antoniazzi ha assunto del personale. “Abbiamo due cuochi in cucina e 3 persone in sala ingaggiate a settembre, più vari contratti a chiamata. Prima del decreto di Natale già lavoravamo solo in pausa pranzo. La chiusura natalizia ha impattato sui ricavi. Ora non sappiamo nemmeno se possiamo accedere alla Cassa Integrazione perché chi è stato assunto dopo luglio non rientra nella Cig”.
Nonostante le enormi difficoltà, Antoniazzi mantiene l’ottimismo. “Abbiamo un team entusiasta che condivide la visione aziendale. Certo, la stanchezza psicologica si fa sentire, perché l’incertezza pesa. Ma amiamo il nostro progetto, che è sicuramente ambizioso. Vogliamo bene alla nostra terra. Noi siamo nati contadini”.
La nascita del Ristorante Al 410 è infatti la prosecuzione di una tradizione di famiglia che dura da tre generazioni, iniziata con l’Azienda Agricola Antoniazzi, dove si coltivano gli ortaggi impiegati per le creazioni dei piatti del 410 e si allevano ovini, suini, bovini e avicoli, nutriti con foraggio, mais e grano dell’azienda stessa.
Ma l’obiettivo principale della famiglia Antoniazzi è valorizzare il territorio grazie Al 410, che rientra in un progetto più ampio, di cui la capogruppo è Livello 33, sotto il cui cappello operano l’Azienda Agricola, il 410 e la Bottega Antoniazzi, un mini-market/gastronomia dove è possibile acquistare i prodotti dell’azienda agricola, tra cui la pasta prodotta con le proprie farine grazie a un mulino di proprietà della famiglia.
“Dietro il ristorante c’è un progetto turistico”, spiega Antoniazzi, “Vogliamo valorizzare la città di Legnago, che ha tanto da offrire: storia e cultura grazie alle Fondazioni Salieri e Fioroni, ampi spazi, una ciclabile lungo l’Adige da sfruttare, cantine locali che si stanno affermando sempre più sul mercato”.
Il Ristorante Al 410, situato lungo l’Adige, potrebbe trasformarsi, nella visione imprenditoriale di Antoniazzi, in un luogo di aggregazione e divertimento. Sia grazie al vicino Chiosco, creato al di fuori della barca per servire colazioni e pasti veloci ai camminatori o ciclisti del weekend che frequentano la ciclabile, sia grazie al progetto che prevede la creazione di un LIDO 410, che offrirebbe lettini per prendere il sole, gite sull’Adige in canoa, noleggio biciclette, passeggiate a cavallo lungo il fiume.
I progetti a lungo termine di Antoniazzi non si fermano qui e coinvolgono anche l’Azienda Agricola, dove per il 2021 è prevista la creazione di un’Agripalestra, pensata per far fare movimento e “sport” alle persone in mezzo alla natura, abbinando le attività tipiche dell’impresa (ad esempio la pulizia degli animali) e usando gli strumenti di lavoro dell’azienda, come la carriola. Il tutto sotto la supervisione di un personal trainer.
E’ in programma poi la creazione di una piazzola per i camper e l’ottenimento dell’abilitazione per avviare una fattoria didattica e il grest estivo.
Tante idee su cui il rallentamento causato dalla pandemia Covid sta senza dubbio impattando. Ma Antoniazzi è positiva. “In questa situazione in cui c’è bisogno di muoversi in spazi aperti, di distanziamento, questo nostro progetto può essere una realtà vincente. Quello che pesa oltre al Covid”, sottolinea Antoniazzi, “è la burocrazia, che rallenta tutto. Politica e burocrazia non si parlano. E chi ci governa purtroppo è scollegato dalla realtà, non conosce i meccanismi e le difficoltà delle piccole imprese”.